Sarà che ieri è stata una giornata intensa, emozionante, piena di ricordi di vite passate, che poi altre storie mi sono venute incontro, nonostante la fatica della nostalgia.
È pomeriggio tardi, lo sciopero dei mezzi di trasporto impazza per le vie di questa meravigliosa e complicata città. Ho da poco salutato la mia amica Marta, stringendola in un abbraccio, con la promessa reciproca di non stancarci di andare, anche quando, come adesso, diventa più faticoso. Mi avvio così da via Labicana per prendere la metro a Colosseo.
La metro è piena, stracolma di persone che per tutto il giorno hanno avuto la loro battaglia. Resisto con un solo braccio appeso in punta di dita all'unico sostegno a mia altezza, mentre con l’altra mano mi stringo addosso i miei libri. Ma, miracolosamente, dopo poche fermate la metro si svuota, zona San Paolo, e riesco addirittura a trovare un posto a sedere.
Vicino a me un ragazzo, magro, giovane, che nel tirare fuori il telefono dalla tasca della giacca, mi urta un poco. Io mi scosto, ho mal di schiena, devo cambiare posizione, il suo movimento non c'entra nulla. Ma lui si scusa, mortificato. "Figurati, non ti preoccupare".
Ha il viso asciutto, lo sguardo incavato e un ciuffo di capelli ribelle e scuro che lo protegge dalla sua tristezza.
Compie la telefonata che è dovuta costargli non poco. Non è di Roma, si sente dall’accento, parla veloce, vorrebbe non farlo, comunica all'altro capo del telefono, che è andata di merda, che non è passato (ad un esame, immagino). Ma il suo tono di voce è rassicurante, certo è dispiaciuto, ma è lui a fare coraggio alla persona all'altro capo del telefono. Tutto il contrario di quello che il suo corpo tradisce. Deve essere amaro deludere qualcuno che aspetta il tuo successo.
Mi riposiziono con la schiena appoggiata al sedile e comincio a sfogliare il libro prezioso che ho tra le mani. Lui chiude la telefonata, resta immobile, senza rimettere il telefono in tasca. Poi piano, impercettibile, gira la testa e comincia a sbirciare. Legge a lungo con uno sguardo di falco, che gli invidio un poco, e alla fine non resiste, mi chiede: “Mi scusi se la disturbo, ma che libro è? Perché ho letto le prime righe, è molto interessante. Io mi ricordo di Gilgamesh quando approda nel regno dei morti, e forse qualcuno gli dice che i figli sono l'unico modo per restare immortali. Come quel proverbio che c’è in questo suo libro…”
Tira il fiato e aspetta una qualche risposta.
La meraviglia m’inceppa i pensieri, ci metto qualche secondo, così lui si sente in dovere di scusarsi ancora, e mi chiede se sono una professoressa, deve aver notato il ciuffo di capelli bianchi che spunta dal cappello.
“No, no – sorrido - non sono una professoressa ma mi piace studiare, soprattutto studiare queste cose, e non ti scusare, è bello condividere.”
Così gli racconto del libro che ho in mano, gli dico che nasce da un convegno cui ho assistito, sulla condizione liminale dei bambini nel mondo antico, e da un team di ricercatori che si stanno occupando della visione dell’infanzia nelle civiltà antiche. Gli racconto che ho studiato a lungo le culture del Vicino Oriente antico, attraverso la loro cultura materiale, e il mondo in cui funzionava il pensiero religioso nell’antichità.
Lui mi ascolta con attenzione e curiosità, poi mi dice che anche a lui piacciono molto queste, anche se è solo un perito tecnico. Poi veloce, si rende conto che è arrivato il momento di scendere: “Mi dispiace, io devo scendere, mi scusi ancora, è stato bello, buona fortuna…”
E barcollando, imbocca la porta scorrevole, già aperta, ma si volta ancora, uno sguardo-sorriso gli si apre sul volto e mi ripete “Buona fortuna”.
Anche a te giovane gentile ragazzo, che tu possa essere sorgente coraggiosa del tuo divenire, che tu possa trovare sempre la forza per vivere il momento presente come un’unica irripetibile occasione, proprio come hai dimostrato di fare con me. Credi in te, senza dire sono solo, imparando a custodire le scintille che illumineranno la tua strada.
Buona fortuna!
P.S. Il libro in questione è quello nella foto che segue: Il corpo del bambino tra realtà e metafora nelle culture antiche, a cura di A.G. Capomacchia e E. Zocca, pubblicato da Morcelliana.
A breve, spero, un resoconto più approfondito.
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